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19 giugno 2009

De André torni a Genova,la mostra ora è un simbolo

renato tortarolo,ilsecoloxix.ilsole24ore.com

DE ANDRÉ rimanga a Genova. Non il ricordo, che ovviamente è di tutti, liguri compresi, ma la mostra che si chiuderà domenica a Palazzo Ducale e poi comincerà un viaggio per l’Italia (da luglio sarà in Sardegna) e per il mondo. Come si può chiedere a un’icona di rimanere ferma in un posto? Con la passione che lega la città a uno dei suoi cantautori più bravi, non l’unico perché ci sono Paoli e Fossati e ci sono stati Tenco, Bindi e Lauzi. La mostra deve tornare, anzi merita una casa che non potrà più essere lo spazio espositivo al Ducale, ma quella della Fondazione De André che la Regione Liguria ha individuato in Palazzo Grillo, piazza delle Vigne. A Genova. Il punto, però, non è tanto De André, quanto il peso specifico che i cantautori genovesi, sempre loro, cominciano ad avere nella memoria della città. Sì, fino a ieri, la “scuola” era un leit motiv, se ne parlava come di maestri nel raccontare l’Italia degli anni ’60. Ma il trentennale del suicidio di Luigi Tenco prima, la scomparsa di Lauzi e Bindi poi, e ora le 145 mila persone alla mostra su De André raccontano ben altra storia. Anzi, c’è anche un’altra riscoperta, il risarcimento postumo e tardivo al poeta Riccardo Mannerini, con la pubblicazione di duecento testi di un intellettuale sfortunato, anche lui morto suicida, ma importante per il filo che lo riconduce alla poesia anglosassone negli anni ’50.

DE ANDRÉ ha un merito, oltre ad aver cantato gli ultimi e sfoggiato una voce incredibile. Ed è quello di essere ancora oggi fascinoso, di aver quell’allure di borghese benestante, con molte tribolazioni interiori, una passione anarchica che brucia dentro, la tendenza a complicarsi la vita, sino a un certo punto, con l’alcol. La gente continuerebbe a venire a Genova, questo è certo perché è il destino garantito a certi artisti. Vengono inseguiti per l’altra parte della loro esistenza, quella virtuale della memoria.

Sono stati in molti, nei modi più disparati, a far sentire questa pressione perché la mostra rimanga a Genova. Non è nemmeno importante che sia in partenza, che vada ad esempio a Berlino dove la ricorrenza della caduta del Muro sembra fatta apposta per certe canzoni di De André. Lo spirito del cantautore è davvero in sintonia con uno degli episodi chiave della seconda parte del Novecento. Più difficile, semmai, accettare che l’evento al Ducale si trasformi in museo. Ma sarà inevitabile. Sempre che la Fondazione De André sia d’accordo con quest’idea, che la memoria del cantautore non pretenda altri percorsi.

Certo, l’eventualità che la mostra diventi permanente nella futura sede genovese della Fondazione De André apre a un’altra ipotesi, magari meno interessante per i fans ma in linea con i progetti, ad esempio, del Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura guidato da Luca Borzani. Che, non a caso, il 30 settembre ha in programma un evento con gli inediti di Umberto Bindi. Il progetto è quello di un grande archivio della canzone genovese, che abbia appunto De André, non solo la sua mostra, come centro di gravità. Si può obiettare sin d’ora che ai fan del cantautore importa generalmente poco dei suoi colleghi, anche di quelli più titolati. Ma è altrettanto vero che proprio Palazzo Ducale sta procedendo a un censimento, una specie di banca dati su tutta la realtà musicale e autorale genovese e ligure.

La città, con questa mostra, ha pagato un debito al suo grande protagonista, che peraltro ha venduto molto meglio di altri l’immagine di Genova. Quindi mantenere un presidio culturale sui cantautori è un gesto meritorio. Per chi lo propone e per chi lo accetterà. Intanto 145 mila persone hanno dato il loro contributo a una bella storia cittadina.

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